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Se il nostro tempo è costantemente descritto come un tempo di crisi generalizzata, declinata nei termini dell’urgenza, dell’emergenza e dell’impasse, la specificità del pedagogico risiede nel non limitarsi ad assistervi, con impotenza o con preoccupazione, ma nell’accogliere la crisi come una sfida trasformativa, tanto per la riflessione quanto per la pratica.
La sfida che nasce da una crisi è progetto, in quanto guarda al futuro; è coraggio, in quanto si contrappone ai dati di fatto; è responsabilità, in quanto accoglie un problema emergente e tenta di delinearne delle risposte; è, infine, ricerca, in quanto impone una riflessione profonda sulla contemporaneità ed i suoi orizzonti di senso.
È con queste premesse che Elena Marescotti spiega, nell’Introduzione, la prospettiva da cui nel volume è affrontata l’Educazione degli adulti: ambito della Pedagogia tanto specifico quanto articolato, per come si interfaccia con molti altri settori della disciplina, i suoi confini sono intesi dall’Autrice come legittime delimitazioni di campo e allo stesso tempo come frontiere che stimolano – sfidano – ad andare oltre.
Il libro si propone come un’opera collettanea di diversi pedagogisti, dove ciascun contributo espone uno dei temi che ad oggi “rappresentano, agli occhi e agli intendimenti degli autori, criticità e momenti di stallo ma anche possibili punti di partenza, sia per la ri-definizione continua dell’identità e dei ruoli adulti, sia per la stessa educazione degli adulti come pista di ricerca” (p. 26).
Pur attraversando tematiche molto differenti tra loro, i contributi non si riducono ad una disamina di analisi tecniche di interventi effettuati, né forniscono indicazioni didattiche per interventi auspicati, ma si interrogano sul senso e sul significato dell’adultità e della sua presa in carico a livello educativo nel tempo attuale. Contributi differenti quindi, che rimandano alla stessa sfida, intesa come sfida culturale complessiva e non settoriale, declinata in molteplici dimensioni richiamate a più riprese.
In primo luogo, la sfida al concetto stesso di adultità nella sua dimensione ontologica, tutt’oggi ammantato dallo stereotipo di fase della vita compiuta e, per questo, ineducabile; questa idea ha determinato nella storia il concentrarsi degli sforzi educativi sulle fasi iniziali della vita, abdicando di fatto – e in contraddizione con la consapevolezza ormai diffusa del necessario intervento – alla presa in carico educativa degli adulti, percepiti come ormai “perduti”. La stessa idea di proporre un’educazione per questa fascia di età, allora, è una sfida a questo stereotipo ampiamente discusso nella teoria, ma ancora presente e influente nelle pratiche.
Il riferimento è agli interventi in diversi ambiti educativi che a fronte di una molteplicità di proposte, anche se spesso frammentate, in contesto scolastico vedono una totale amoria di investimenti nell’extrascuola e sugli adulti: c’è un investimento sugli adulti di domani a cui, sostiene l’Autrice, deve corrispondere un intervento rivolto a coloro che oggi hanno il potere di intervenire per modificare pratiche e culture, in ragione dell’urgenza e dell’attualità delle materie prese in esame.
Questa esigenza caratterizza tanto l’educazione ecologica, trattata dalla stessa Elena Marescotti in L’adulto di fronte alla sfida ecologica: implicazioni educative (pp. 27-41), che deve porsi come educazione quotidiana e complessiva della relazione tra individuo e ambiente –naturale e sociale – in cui è inserito, quanto La sfida dell’impossibile educazione alla legalità tematizzata da Sergio Tramma (pp. 57-64), la quale non può ridursi ad una educazione alle leggi, ma deve configurarsi come un’educazione al pensiero critico e alla capacità di problematizzare gli stessi concetti di legale e illegale, rivolta in primo luogo agli adulti quali diretti protagonisti della vita sociale.
La seconda dimensione della sfida, di conseguenza, è rivolta agli stessi adulti contemporanei, tanto assenti quanto “reclamati” dalle giovani generazioni e dalla società tutta: nel testo è richiamata più volte la crisi del patto generazionale attuale, che si declina nella perdita di autorità da parte di una generazione adulta poco credibile e incapace di porsi come esempio, e nella corrispettiva difficoltà e aprogettualità della generazione giovanile, in assenza di solidi punti di riferimento.
Per far fronte a questa mancanza di esemplarità e di autorità il volume, in particolare nel contributo di Laura Cavana, La sfida dell’esemplarità adulta: educarsi per educare (pp. 67-81), propone un’educazione improntata sulla coltivazione della dimensione più intima, soggettiva e interiore di ciascuno, in una cura di sé intesa come diritto individuale e allo stesso tempo come dovere di responsabilità verso l’Altro da sé in senso lato.
Questo conduce alla terza dimensione della sfida, prettamente sociale e sistemica: la società odierna, complessa, flessibile e liquida, sfida i suoi cittadini richiedendo un modello di uomo/donna adulto/a protagonista riflessivo, critico e competente della vita sociale.
Gli adulti sono coloro che hanno l’onere e l’onore di “reggere le sorti della comunità” facendosi garanti della ricerca del bene comune; per assolvere questo compito è necessario che affrontino le questioni emergenti con coinvolgimento e responsabilità, partecipando alla vita politica e sociale con uno spirito critico e creativo verso le regole, i costumi, i dati di fatto.
Tutto questo è necessario, come emerge chiaramente dalle parole di Matteo Cornacchia nel suo saggio Riabilitare la politica: le ragioni di una sfida che parte dagli adulti (pp. 43-55), per la costruzione di una società inclusiva e democratica che non rinunci ad interrogarsi profondamente sulle tematiche dell’uguaglianza e del rispetto delle differenze.
In quest’ottica sono affrontate le tematiche dell’educazione al genere e alle differenze di genere, con Barbara Mapelli la quale, in La sfida dell’androgino. Educarci ed educare nel e per il cambiamento (pp. 83-94) propone la figura ideale/reale dell’androgino come utile per rileggere i rapporti tra i generi ed i modelli di genere nelle nuove generazioni, e dell’educazione interculturale, di cui parla il capitolo L’adulto e le sfide dell’intercultura: tra impegno, responsabilità, progettualità (pp. 105-121) in cui Manuela Gallerani ripropone l’attenzione ai diritti inviolabili degli individui come base comune ove le differenze culturali possono declinarsi in un dialogo costruttivo e pluralista.
Infine, la quarta dimensione della sfida è rivolta alla stessa disciplina dell’Educazione degli adulti e all’idea di apprendimento che propone: lungi dall’essere una trasmissione di saperi e di tecniche, dev’essere invece un processo dinamico e interattivo dove il soggetto “apprenda ad apprendere” e a trasferire le proprie conoscenze e competenze da un campo all’altro, in una continua ridefinizione della propria identità e nella presa in carico del proprio percorso formativo e di vita.
Questo in relazione alle trasformazioni del mondo del lavoro e alle nuove caratteristiche che esso richiede, tematizzate da Maura Striano in La sfida del riassetto di competenze e life skills (pp. 123-134), al paradigma dell’educazione permanente e alla sua realizzazione nelle università – ormai non più nuovo nella teoria, ma tuttora in via di definizione nelle pratiche – come sottolinea Maria Ermelinda De Carlo in L’educazione degli adulti e la sfida dell’Apprendimento permanente nelle università (pp. 155-169) e alla teoria dell’apprendimento inteso come condizione ecologica dei sistemi, di cui parla Paolo di Rienzo in La sfida dell’apprendimento nelle transizioni trasformative. Una visione della cibernetica dei sistemi viventi (pp. 137-152).
La sfida all’Educazione degli adulti – e alla Pedagogia in generale – è declinata infine anche come sfida all’incontro con altri professionisti, in particolare con la professione medica, da Micaela Castiglioni nel saggio La formazione dei professionisti medico-sanitari e il confronto tra educazione degli adulti e medicina: un sfida possibile? (pp. 95-104), dove si propone un’idea del percorso di malattia e di cura come percorso educativo, formativo e trasformativo da cui il paziente trae apprendimenti utili per tutta la vita.
Il pregio di quest’opera risiede nell’affrontare, come si vede, una molteplicità di questioni molto attuali coniugando uno sguardo operativo, concreto e vicino alle pratiche con il richiamo costante alla dimensione più profonda e complessiva di sfida culturale che interessa la società tutta.
In essa, l’educazione propone un’alternativa ai trend dominanti del disimpegno e del consumismo, facendo perno su un’idea di adultità caratterizzata da un atteggiamento di responsabilità quotidiano e pervasivo, percepito come necessario e non procrastinabile.