BUONE PRATICHE
L'esperienza dei Circoli di Studio in Toscana [1/2]
di Sara Mele
Nell'ambito delle attività volte ad affermare concretamente il diritto all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, la Regione Toscana , prima in Italia, si è dotata di un nuovo strumento formativo: i Circoli di Studio. Tale strumento, volto a promuovere l'auto-apprendimento nell'ambito di un sistema di educazione non formale, è rivolto alla generica platea degli adulti toscani, desiderosi di apprendere in comunità, sulla base di domande formative promosse dagli stessi partecipanti ai Circoli.
Recentemente l'IRPET (Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana), per conto della Regione Toscana ed in collaborazione con Irre Toscana e EdaForum, ha realizzato una ricerca che verrà pubblicata nei primi mesi del 2005, inerente la sperimentazione sui Circoli di Studio in Toscana, che ad oggi ha portato alla realizzazione di circa 677 Circoli per un totale di circa 4900 partecipanti.
L'analisi fornita dalla presente ricerca ha messo in evidenza un insieme di elementi, derivanti dalla varietà delle scelte politiche e di gestione dei Circoli, sui quali appare opportuno effettuare una riflessione complessiva per poter individuare le variabili che influiscono sugli esiti di ogni intervento, nonché le condizioni alle quali vi è la garanzia che il risultato di ogni Circolo e dell'esperienza nella sua globalità possa essere positivo.
Il Circolo di Studio è una modalità formativa innovativa per la nostra regione e più in generale per il nostro paese, i cui elementi fondamentali sono:
l'individuazione dei propri bisogni formativi da parte del partecipante;
il riconoscimento delle proprie competenze;
la negoziazione per costruire il progetto del CdS;
l'apprendimento cooperativo all'interno del gruppo.
L'elemento di più forte innovazione riguarda la costruzione dell'offerta a partire dalla domanda autonoma dei cittadini, realizzata anche tramite servizi di accompagnamento volti, appunto, all'emersione della domanda, alla facilitazione della formazione dei Circoli e al tutoring pedagogico.
In questo ambito emerge tutta l'importanza del processo che porta dall'espressione della domanda all'elaborazione del progetto educativo: l'autoapprendimento non è tale solo in riferimento ai contenuti, ma anche in relazione all'elaborazione del "progetto educativo" perché innesca lo sviluppo di competenze metacognitive (cosa il singolo e il gruppo vuole approfondire, cosa sa e cosa ha, cosa manca, come trovare e acquisire quello che non si sa) e competenze progettuali (sviluppare creatività e fantasia, definire quali sono obiettivi realisticamente raggiungibili, tener conto di vincoli e risorse, prefigurare gli esiti, tener conto dei tempi, individuare e reperire materiali e strumenti).
Un altro elemento innovativo riguarda il dispositivo di gestione che vede la collaborazione dei partner in base alle vocazioni istituzionali e la costituzione di una rete territoriale nella quale sono coinvolti, in momenti diversi del progetto, tutti i soggetti che tradizionalmente si sono occupati di Educazione per gli Adulti.
L'idea del decisore pubblico che ha posto le basi per la creazione dei CdS era quella di sperimentare un modello formativo in grado di dare una risposta ad alcune problematiche fondamentali che caratterizzano la formazione in età adulta nella prospettiva del lifelong learning , per realizzare l'obiettivo del raggiungimento della pari opportunità di accesso a tutte le forme di istruzione e dell'innalzamento dei livelli di istruzione e formazione sanciti a livello europeo.
Proprio rispetto agli obiettivi europei di recupero del gap formativo del nostro paese, il metodo dei CdS appare, almeno sulla carta, pertinente dato che, oltre ai bassi costi di gestione rispetto ad altri interventi formativi, le modalità organizzative estremamente flessibili e orientate alla domanda rendono possibile un aumento del numero di partecipanti, tra i quali potrebbero essere compresi anche soggetti di norma esclusi dai percorsi formativi tradizionali.
Quali sono gli elementi emersi dall'indagine rispetto ai quali maggiori risultano i margini di miglioramento nel funzionamento dei Circoli?
Indubbiamente la diffusione sul territorio è un aspetto importante su cui riflettere. Nel complesso il territorio, pur nelle sua articolata composizione, ha espresso domande di formazione che l'intervento intendeva sollecitare in misura anche maggiore rispetto alle attese. La sorpresa di molti referenti e gestori dei progetti nel constatare le richieste e le adesioni è un buon indizio di riuscita. Lo è anche la constatazione che il "passaparola" funziona e continua a funzionare e che le richieste di attivazione di Circoli si moltiplicano anche laddove non vi sono ancora nuovi finanziamenti. L'idea si è diffusa, si sa che cosa è un Circolo, le percezioni e i dati mostrano una direzione positiva. Non ovunque però.
In alcune province la diffusione dei Circoli appare molto bassa e gli elementi che è stato possibile raccogliere durante l'indagine portano a ritenere che ciò non sia dovuto a connotazioni particolari del territorio come la sensibilità e la tradizione per problematiche socio-culturali o la diffusione ed il radicamento di forme associative. Pare piuttosto che non abbia funzionato qualcosa nella promozione dello strumento a livello istituzionale.
Parlando di raccolta della domanda occorre fare alcune precisazioni sulle tipologie in cui questa si manifesta e sulla concreta capacità di riuscire a contattare tutte le possibili domande formative. A tal proposito evidente è il problema della "domanda debole".
Dall'indagine emerge, infatti, che in media i partecipanti ai CdS hanno un livello di istruzione più elevato rispetto a quello medio della popolazione toscana: per il 41% si tratta di diplomati, che nella popolazione sono invece il 28%, mentre il 20% circa è costituito da laureati, a fronte di un dato riferito alla popolazione toscana pari appena all'8%. Pertanto, benché destinati soprattutto a soggetti tradizionalmente lontani dai sistemi formativi poiché poco istruiti, i CdS di fatto risultano frequentati per lo più dai "ricchi d'istruzione". Ecco quindi la questione di come "stanare" anche la domanda delle fasce deboli, caratterizzate da bassi livelli di istruzione o addirittura da rischio di marginalità, poiché non manifestano il bisogno esplicito di rientrare in formazione e che anzi potrebbero rifuggire la dimensione formativa e il contatto istituzionale. In relazione a questo occorre tener conto della percezione che i singoli hanno rispetto agli organismi "istituzionali" e agli altri soggetti e al modo di rapportarvisi. Il successo e l'insuccesso dei Circoli può avere avuto fra le sue motivazioni anche il livello di appartenenza che il cittadino sente rispetto alla comunità e al territorio. Ecco quindi che un ruolo importante nella partita relativa al coinvolgimento della domanda debole è giocato dalla diffusione dell'informazione.
Un elemento cruciale per la diffusione dei CdS è costituito, infatti, dai canali informativi tramite i quali veicolano le notizie relative all'esistenza degli interventi. Dall'indagine è emerso come quasi la metà dei partecipanti sia venuto a conoscenza del Circolo tramite il "passaparola" di amici, parenti e colleghi. Occorre quindi chiedersi come procedere nel "lavoro di strada", con persone che vanno nei luoghi di aggregazione spontanea, quindi non solo nei Circoli e nelle associazioni, ma anche nei bar, nelle strade, nei negozi, nei cinema, nei mercati, nei centri commerciali, nelle aziende in modo che anche persone che non sono all'interno di organizzazioni possano essere coinvolte. Significativo diventa l'aggancio con persone e strutture di riferimento nel territorio, come suggerito dagli stessi partecipanti intervistati per l'indagine, i quali indicano modalità di diffusione delle informazioni che si avvicinino il più possibile a loro, come l'uso di volantini e depliant inviati a domicilio o distribuiti presso i luoghi di ritrovo dei potenziali partecipanti: scuola dei figli, supermercato ecc.
Un altro aspetto che la ricerca ha fatto emergere con maggiore chiarezza è l'esistenza del legame piuttosto stretto e biunivoco tra CdS e mondo delle associazioni. Talvolta tale legame ha una valenza non pienamente positiva, nella misura in cui è stato notato come i CdS siano stati utilizzati dalle associazioni per ridare finanziamenti alle proprie iniziative; in tal caso il contributo dei Circoli perde in termini di "additività" rispetto ad esperienze già esistenti e si pone invece in termini sostitutivi. Altre volte invece, e sono la maggioranza, le associazioni si sono fatte promotrici verso altri per la realizzazione di Circoli non necessariamente composti da soci o attinenti alle proprie specifiche attività.